Coesistere con l'orso
La posizione del MUSE
La posizione del MUSE
In riferimento al tema della coesistenza con l’orso il MUSE – Museo delle Scienze si unisce alle voci degli enti, di professioniste e professionisti, delle cittadine e dei cittadini che ribadiscono la fondamentale importanza di fare affidamento alla conoscenza accumulata in anni di competente e dedito lavoro da parte della comunità tecnico-scientifica quale criterio guida nella gestione dei casi di conflitto con specie non umane.
Impegnati da quasi due decenni nello studio, nella formazione e nella comunicazione sull’orso bruno nella Provincia autonoma di Trento, e nella promozione di una cultura della coesistenza con la fauna, sottolineiamo come il Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno nelle Alpi centro-orientali (PACOBACE, 2010) ed il recente Rapporto tecnico ISPRA – MUSE 2021 sugli orsi problematici in provincia di Trento, unitamente ad una vastissima bibliografia scientifica sull’argomento, forniscano chiare indicazioni sulle misure di intervento più opportune per garantire la coesistenza tra orsi e attività umane. Queste includono: monitoraggio, prevenzione danni, indennizzi, un protocollo di gestione degli orsi problematici oltre a specifiche attività di formazione e una strategia di comunicazione da attuare in modo continuativo a favore di residenti e turisti. Riteniamo tali indicazioni costituiscano riferimento imprescindibile per operare in modo consapevole.
Quale ente pubblico, al servizio della comunità e guidato dalla missione fondante di operare e promuovere ricerca scientifica e sviluppare progetti di condivisione delle conoscenze che ne derivano, il MUSE si impegna a potenziare le attività di comunicazione ed educazione sulla coesistenza con i grandi carnivori, attività svolte in passato anche su diretto incarico della Provincia autonoma di Trento. Il museo è peraltro costantemente impegnato in prima linea a fornire risposte alle visitatrici e visitatori (onsite e online) del museo, offrendo indicazioni suffragate da evidenze scientifiche. Le risposte ad alcune delle domande più frequenti sollevate sono disponibili qui sotto.
In una fase storica segnata dall’acutizzarsi di tensioni sociali, non di rado legate a dinamiche ambientali, climatiche, ecologiche e sanitarie fortemente stressate dall’azione umana, MUSE rinnova l’invito a tutte e tutti a continuare a dare valore alla conoscenza e al dialogo costruttivo, nella convinzione costituiscano le uniche possibili leve per affrontare le sfide del presente.
La maggior parte delle interazioni aggressive registrate in Europa (ma anche nel resto del mondo) avviene laddove un orso si trova in una situazione di percepita minaccia, spesso si tratta di casi in cui sia la persona che l’animale si ritrovano a sorprendersi involontariamente a distanza ravvicinata. Nel 47% dei casi a livello mondiale erano coinvolte femmine con cuccioli al seguito. L’attacco a fini predatori è quello più raro (5% dei casi documentati nel mondo tra il 2000 e il 2015).
Qui lo studio pubblicato sulla rivista scientifica Scientific Reports per approfondire l’argomento.
Si, tenendo presente che in natura il rischio zero non esiste. I fattori che determinano come si svolge e conclude un incontro con un orso sono molti e interagiscono tra loro in maniera spesso imprevedibile. L’orso bruno è una specie schiva ma, in particolari situazioni, può rivelarsi molto pericoloso. La gran parte degli attacchi avviene come reazione difensiva in seguito a incontri ravvicinati involontari: sorprendere un orso, specialmente se una femmina con piccoli, a distanza ravvicinata è quindi la causa più comune di attacco. Fondamentale quindi è ridurre il rischio del verificarsi di questi incontri a sorpresa.
Diversi studi, svolti soprattutto in nord America, ci forniscono alcune importanti raccomandazioni basate sull’analisi delle interazioni documentate e sulle conoscenze del comportamento degli orsi.
Esistono alcune precauzioni che riducono notevolmente il rischio di incontri ravvicinati:
Le prime due raccomandazioni sono particolarmente importanti per chi si muove da solo e in orari in cui la fauna è maggiormente attiva (notte, crepuscolo). Se ci si muove in gruppo sarà chiaramente più difficile sorprendere un orso e, se ciò avvenisse, il fattore gruppo può scoraggiare una reazione aggressiva, favorendo invece la fuga.
In caso di incontro ravvicinato a sorpresa (che nella maggior parte dei casi si risolve senza nessun contatto fisico, ma che potrebbe sfociare in una reazione difensiva), andrà continuamente valutato con estrema attenzione il comportamento dell’orso per capire come muoversi. È fondamentale, in questo caso, cercare di mantenere la calma senza fare movimenti agitati: non corriamo, non gridiamo e non ci avviciniamo per nessun motivo all’orso. Questi comportamenti, infatti, possono provocare l’orso e aumentare le probabilità di una reazione aggressiva. Cerchiamo di allontanarci lentamente provando a far capire all’orso che non costituiamo una minaccia, senza mai perderlo di vista. Se l’animale dovesse attaccarci, non cerchiamo di combattere, ma mettiamoci al suolo, pancia a terra, con le dita delle mani intrecciate dietro il collo e le braccia a proteggere il capo (zona più vulnerabile all’attacco di un orso). Se indossiamo uno zaino, teniamolo addosso, può aiutarci a proteggerci. Assicuriamoci che l’orso si sia allontanato prima di rialzarci.
Per approfondire si consiglia la visione di alcuni video informativi e delle buone norme di comportamento disponibili sul sito della Provincia Autonoma di Trento.
A agosto 2024 sono 8 i casi di attacco da orso con ferimento a persone, di cui uno mortale, in Trentino:
2014, agosto, Pinzolo. Daniza, femmina di 19 anni con cuccioli dell’anno al seguito (circa 8 mesi), attacca e ferisce un uomo che stava raccogliendo funghi nel bosco fuori sentiero, in seguito a un incontro ravvicinato involontario.
2015, giugno, Cadine. KJ2, femmina di 13 anni con cuccioli dell’anno al seguito (circa 6 mesi), attacca e ferisce un uomo che stava facendo jogging con il cane su una strada forestale, in seguito a un incontro ravvicinato involontario.
2017, luglio, Terlago. KJ2, femmina di 15 anni con cuccioli dell’anno al seguito (circa 7 mesi), attacca e ferisce un uomo che stava camminando con il cane su una strada forestale, in seguito a un incontro ravvicinato involontario.
2020, giugno, Monte Peller. JJ4, femmina di 14 anni con cuccioli dell’anno al seguito (circa 6 mesi), attacca e ferisce due uomini (il secondo intervenuto a difesa del primo) che stavano camminando nel bosco fuori sentiero, in seguito a un incontro ravvicinato involontario.
2020, agosto, Lago di Andalo. M57, giovane maschio di 2 anni altamente confidente ferisce un uomo che stava passeggiando lungo il lago. L’attacco non è stato provocato dalla persona coinvolta. L’orso era stato più volte segnalato alimentarsi presso i cassonetti dei rifiuti presenti nell’area, aveva volontariamente seguito delle persone ed era stato oggetto di azioni di dissuasione con pallettoni di gomma e di tentativi di cattura per applicazione di radio-collare. Questa spiccata confidenza fa pensare ad un individuo fortemente condizionato dal punto di vista alimentare, al punto da avere progressivamente perso ogni timore nei confronti dell’essere umano. Questo tipo di dinamica è stato registrato in altre aree del mondo anche con altre specie di grandi carnivori soggetti a crescente problematicità legata al condizionamento alimentare (talvolta alimentati volontariamente da persone, altre volte attirati da facili risorse di cibo lasciate involontariamente, come ad esempio la spazzatura).
2023, marzo, Malè. MJ5, maschio adulto di 18 anni attacca e ferisce un uomo che stava camminando su un sentiero nel bosco con il suo cane, in seguito a un incontro ravvicinato involontario.
2023, aprile, Caldes. JJ4, femmina di 17 anni con cuccioli del secondo anno (circa 14 mesi) al seguito, attacca e ferisce a morte un uomo che stava correndo su una strada forestale nel bosco, presumibilmente in seguito a un incontro ravvicinato involontario.
2024, luglio, loc. Naroncolo (Dro). KJ1, femmina di 22 anni con cuccioli dell'anno al seguito attacca e ferisce un uomo durante un'escursione su sentiero al mattino presto.
Questi eventi e altre interazioni uomo-orso vengono riportati nel Rapporto Grandi Carnivori pubblicato annualmente dalla Provincia Autonoma di Trento, disponibili qui.
In tutta Europa tra il 2000 e il 2015 sono stati documentati 291 casi di attacco da parte di orso bruno con ferimento (il 45% nella sola Romania!), di cui il 6% con esito fatale. La stima è quindi di una decina di attacchi all’anno in Europa (10 attacchi/anno escludendo la Romania, 18 attacchi/anno se includiamo anche la Romania).
Qui lo studio pubblicato sulla rivista scientifica Scientific Reports per approfondire l’argomento.
Il progetto Life Ursus è iniziato nel 1996 e si è concluso nel 2004. Finanziato dall'Unione Europea, ha coinvolto il Parco Adamello Brenta come capofila, la Provincia Autonoma di Trento e l'allora INFS (Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, ora ISPRA).
L’obiettivo a lungo termine era di creare una popolazione sulle Alpi centro-orientali di almeno 40-60 orsi, considerato il numero minimo per garantire la sopravvivenza della popolazione. Dal cuore del Trentino, dove erano presenti gli ultimi 3-5 orsi superstiti delle Alpi, questa popolazione avrebbe potuto espandersi nelle regioni e Paesi vicini.
Il progetto Life Ursus è un successo di conservazione riconosciuto a livello internazionale: a partire da 10 individui portati dalla Slovenia, nel 2012 si contavano circa 40 individui, il minimo numero vitale auspicato negli obiettivi di progetto.
Oltre alla re-introduzione di 10 orsi, il progetto prevedeva anche altre importanti azioni di supporto: la ricerca e il monitoraggio, le attività di comunicazione e formazione, le azioni di prevenzione degli impatti sulle attività umane e gli interventi gestionali e di urgenza in caso di individui considerati problematici. Quest’ultimo punto ha portato alla stesura e adozione del famoso PACOBACE, acronimo de Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno nelle Alpi centro-orientali.
Qui puoi approfondire il progetto Life Ursus e perché è nato.
Prima di mettere in piedi il progetto Life Ursus, sono state svolte tutte le valutazioni necessarie, riassunte in quello che viene chiamato studio di fattibilità, nel quale si valutava non solo l'idoneità ambientale per la specie ma anche aspetti socio-economici, la percezione delle comunità locali, le potenziali criticità e strategie di prevenzione e gestione dei conflitti con le persone, e la probabilità di successo del progetto. Per quanto riguarda l’opinione degli abitanti sul progetto di reintroduzione dell’orso bruno, su oltre 1.500 di interviste effettuate il 70% della popolazione era a favore.
Qui trovi lo studio di fattibilità, pubblicato nel 2000.
Assolutamente no: 40-60 individui è la popolazione minima vitale accettabile per garantire la sopravvivenza della popolazione con una buona probabilità nel lungo termine. Questo con l'obiettivo di ricostituire una popolazione che fosse poi in grado non solo di sostenersi nell’area minima individuata, ma anche e soprattutto di espandersi e riconnettersi geograficamente e geneticamente con le popolazioni limitrofe (in primis con la più vicina popolazione slovena).
Il concetto di minima popolazione vitale così come quello di superficie minima necessaria a sostenere la popolazione sono concetti fondamentali nell’ecologia delle popolazioni e la biologia della conservazione.
Approfondisci qui da pag. 31. studio di fattibilità.
L’ultima stima disponibile è del 2023: il numero minimo certo di animali giovani e adulti (cuccioli esclusi) identificati geneticamente è 79, mentre la stima di consistenza è pari a 98 orsi, con un intervallo di confidenza compreso tra 86 e 120. Nel 2023 sono inoltre state rilevate 13 nuove cucciolate.
Per maggiori dettagli vedi il Rapporto Grandi Carnivori 2023.
Non è facile contare gli orsi, si devono unire diversi metodi di campionamento sul campo a modelli statistici utilizzati nella ricerca scientifica. Il monitoraggio genetico permette di creare delle carte di identità degli individui e definire quindi il numero di orsi certamente presenti sul territorio. Ogni due anni in Trentino si raccolgono e analizzano i campioni organici (provenienti soprattutto da peli ed escrementi) sia trovati per caso o presso eventi di danni alle attività umane o presso i grattatoi (monitoraggio opportunistico) sia raccolti tramite monitoraggio sistematico, che si basa sull’utilizzo di “trappole” con esche olfattive finalizzate alla “cattura” di peli mediante filo spinato.
Dal numero degli orsi identificati geneticamente, attraverso modelli statistici si elabora una stima, con un intervallo di confidenza che indica il minimo e massimo numero di individui presenti.
Gli orsi tendono a evitare gli esseri umani. Numerosi e recenti studi hanno evidenziato, anche in Trentino, che gli orsi, e in generale le specie selvatiche, utilizzano le aree meno frequentate e si muovono nelle ore del giorno in cui ci sono meno persone. Da una parte abbiamo un ambiente altamente antropizzato, plasmato per l'utilizzo umano, con una crescente frequentazione anche per attività sportive e ricreative. Dall’altra parte anche la popolazione di orso bruno sta crescendo, come previsto, aumentando le possibilità di interazione tra orsi e persone.
Qui gli studi
Oberosler et al. 2020
Salvatori et al. 2023
Corradini et al. 2021
Il PACOBACE (Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno nelle Alpi centro-orientali) rappresenta il documento di riferimento per la gestione dell’Orso bruno (Ursus arctos) per le Regioni e le Provincie autonome delle Alpi centro-orientali. Tale Piano, redatto da un tavolo tecnico interregionale costituito da Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, Regioni Friuli-Venezia Giulia, Regione Lombardia, Regione Veneto, Ministero dell’Ambiente e ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale), è stato formalmente adottato dalle Amministrazioni territoriali coinvolte e approvato dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con Decreto direttoriale n. 1810 del 5 novembre 2008.
Nel 2015 è stato aggiornato e modificato il capitolo 3: Criteri e procedure d’azione nei confronti degli orsi problematici e d’intervento in situazioni critiche. Il PACOBACE si articola in 5 linee d’azione da perseguire per la gestione e conservazione dell’orso: monitoraggio, indennizzo e prevenzione danni, procedure d’azione per orsi problematici e situazioni critiche, formazione del personale e strategia di comunicazione.
Il documento e le relative modifiche sono disponibili sul sito di ISPRA.
La direttiva 92/43 CEE, o Direttiva Habitat, recepita in Italia con il Decreto del Presidente della Repubblica 357/97 prevede, nell’articolo 16 la possibilità di deroga alla protezione, consentendo quindi il prelievo, o la cattura di esemplari delle specie in direttiva, a patto che “non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”. Le condizioni per cui è possibile richiedere una deroga alla Direttiva Habitat sono: protezione della fauna e la flora selvatiche e degli habitat naturali; prevenzione di gravi danni alle attività umane; sanità e sicurezza pubblica o altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico; finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione.
Dal 2018 nelle Province Autonome di Trento e Bolzano la facoltà di autorizzare in deroga il prelievo, la cattura o l’uccisione di orsi è attribuita al Presidente della Provincia, acquisito il parere di ISPRA e ferme restando le condizioni poste dalla normativa comunitaria.