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Colori d'estate nel biotopo MUSE

La sorprendente fioritura delle megaforbie idrofile

Salcerella,

2 agosto 2024

Le condizioni decisamente estive dell’ultimo mese, con giornate soleggiate e temperature elevate, hanno portato a fioritura molte delle piante erbacee presenti nel biotopo MUSE, soprattutto di quelle specie tipiche dei suoli umidi o ai margini dei corpi d’acqua, note come megaforbie idrofile, cioè “grandi erbe amanti dell’acqua”.

I megaforbieti, collocati a livello europeo tra gli habitat comunitari degni di attenzione, sono delle associazioni vegetali instabili e di non lunga durata, che crescono e prosperano su suoli ricchi ai margini dei corpi d’acqua da cui attingono i liquidi.

Lo sviluppo raggiunto in pochi mesi dagli esemplari presenti nel biotopo è davvero sorprendente: molte infiorescenze sono arrivate ad altezza uomo e qualche pianta supera i due metri d’altezza; il risultato è una sorta di selva morbida e flessuosa di fusti e fogliame che ombreggia il suolo e offre a innumerevoli organismi animali opportunità di nascondersi ed alimentarsi (un piccolo passeriforme insettivoro, la cannaiola verdognola, Acrocephalus palustris, le predilige per la nidificazione).

Quest’anno, il merito è in buona parte delle “grandi piogge” primaverili che hanno favorito lo sviluppo delle parti vegetative e la loro esuberanza cromatica, che privilegia colori estivi con tonalità che dal violetto vanno verso l’amaranto, il giallo accesso, il bianco.

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Vilucchio bianco, Convolvulus sepium L.

Salcerella, Lythrum salicaria L.

Ninfea comune o bianca, Nymphaea alba L.

Nannufero o Ninfea gialla, Nuphar lutea (L.) Sm.

Nannufero o Ninfea gialla, Nuphar lutea (L.) Sm.

Mazza d'oro comune o Lysimachia vulgaris L.

Canapa acquatica o Eupatorium cannabinum

Giunco fiorito, Butomus umbellatus L.

Il biotopo MUSE

Per abbondanza di esemplari, la dominante cromatica del biotopo è quella rosato-purpurea delle lunghe e flessuose infiorescenza della salcerella, Lythrum salicaria, i cui fiori a sei petali sono raccolti in esili spighe.

La fioritura della salcerella, pianta mellifera molto apprezzata da apicoltrici e apicoltori, è accompagnata da un abbondante produzione di nettare che attrae un gran numero di impollinatori, tra cui principalmente Lepidotteri (farfalle diurne) e Imenotteri (bombi e api selvatiche).

Sullo sfondo spiccano le macchie giallo intenso dei fiori grandi e a cinque petali della lisimachia comune, Lysimachia vulgaris, il cui nome generico Lysimachia potrebbe rimandare a un generale macedone e successore di Alessandro Magno. La leggenda narra che Lisimaco alimentasse i suoi buoi inquieti con questa pianta per calmarli.

Comunemente chiamata anche mazza d’oro comune, questa pianta cresce rigogliosa in luoghi umidi e la sua presenza era un tempo favorita anche per le sue proprietà tintorie: le parti aeree, fusti e foglie (e fiori), contengono un pigmento giallo che anticamente era usato per tingere le stoffe, mentre dalla radice si estrae una tintura bruna.

Nell’angolo più ombroso del biotopo e su un terreno leggermente meno umido, si può notare la copiosa fioritura della canapa acquatica, Eupatorium cannabinum, con tonalità che vanno dal rosato al lilla. Fin dall’antichità ci sono testimonianze di utilizzi terapeutici della canapa aquatica e la medicina popolare attribuisce proprietà antiinfiammatorie e antiemorragiche ai fusti.

Gli stessi spazi colonizzati dalla canapa acquatica ospitano anche la presenza dell’ulmaria (comune), Filipendula ulmaria, una pianta dalla struttura esile con fiori delicati di color bianco-crema, riuniti in cime irregolarmente ramificate, che esalano un profumo forte e dolce.

Tutta la pianta ha un sapore e un aroma gradevole, da cui un ampio uso nella cucina popolare per aromatizzare vini, aceti e birre e per conferire un sottile sapore di mandorla a marmellate e frutta cotta e molti tipi di aceto, Nel 1838 il chimico siciliano Raffaele Piria ottenne per la prima volta l’acido salicilico dai germogli dell’ulmaria che, successivamente, nel 1899, gli scienziati della Bayer utilizzarono per sintetizzare l’acido acetilsalicilico. Quella che si sarebbe poi chiamata aspirina prende appunto il nome dall’antico nome botanico dell’ulmaria, Spiraea ulmaria.

La “selva” erbacea delle megaforbie è costellata qui è la dalle vistose macchie bianche circolari con steli sottili e rampicanti: il vilucchio bianco, Convolvolus sepium, dagli appariscenti fiori a forma di imbuto.

L’abbondanza di insetti attorno alle megaforbie idrofile testimonia l’efficienza della comunicazione cromatica di queste piante ma nel giro di qualche mese la parte “emersa” andrà incontro a disseccamento e si disgregherà. Rimarranno poche foglie e gemme a livello del suolo, pronte ad affrontare l’inverno e a ripetere il ciclo al ripristinarsi delle condizioni primaverili.

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Articolo di

Osvaldo Negra
Ufficio Programmi per il Pubblico
Mediazione culturale

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