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Veleni vegetali

Come riconoscere le piante tossiche

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13 agosto 2024

All’interno del Giardino Botanico Alpino Viote sul Monte Bondone una ricca collezione di oltre 1500 piante alpine cresce durante la breve stagione vegetativa in montagna. Tra le aiuole rocciose tantissimi fiori si lasciano ammirare da visitatrici e visitatori, spesso sorpresi nello scoprire che dietro a tanta eleganza si nascondono anche piante velenose e in certi casi letali. In Giardino è, infatti, possibile osservare alcune tra le piante più velenose della flora italiana e imparare a riconoscerle da quelle “similari” ma commestibili.

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Gentiana lutea

Aconito

Digitalis purpurea

Queste piante sono in grado di produrre principi attivi tossici per gli esseri umani e, talvolta, per gli animali; queste sostanze vengono classificate come metaboliti secondari. Tra le sostanze velenose si annoverano alcuni glucosidi, saponine, alcaloidi, terpeni, tannini e amminoacidi. Queste sostanze possono essere presenti in tutte le parti della pianta, oppure essere concentrate solo in alcune di esse. La loro pericolosità varia in base alla concentrazione dei principi attivi, che può variare da pianta a pianta; in alcuni casi la dose letale è estremamente bassa, ad esempio per l’aconitina, presente nell’Aconitum napellus, sono sufficienti 2mg.

Il ricorso a mezzi di difesa chimici da parte di alcune piante è frutto dell’evoluzione: avere radici saldamente piantate a terra significa essere impossibilitate a fuggire da parassiti e animali. Il processo evolutivo ha consentito loro di difendersi in diversi modi da erbivori, funghi e batteri: ecco quindi un arsenale di mezzi di difesa, quali spine, peli urticanti, legnosità, colorazioni mimetiche e composti chimici con effetti tossici. Questi ultimi agiscono in modi diversi sui vari sistemi del corpo umano. Alcune sostanze sono cardiotossine: il già citato aconito, così come il mughetto (Convallaria majalis) e le digitali (Digitale spp.) sono alcuni esempi di piante che interferiscono sul sistema cardiaco umano. Altre, invece, producono neurotossine in grado di interferire con il nostro sistema nervoso: nel Giardino possiamo osservare la cicuta (Conium maculatum), che contiene l’alcaloide della coniina che causa paralisi muscolare e quindi la morte per asfissia. Essa veniva impiegata in passato nelle esecuzioni capitali dell’antica Grecia, celebre il caso di Socrate, condannato a morte con questa pianta. Un altro esempio curioso di neurotossine che possiamo trovare al Giardino Botanico è legato alle piante della segale (Secale cereale), che pur non essendo velenosa, può essere attaccata da un fungo (Claviceps purpurea), che produce degli alcaloidi altamente tossici.

Conoscere e riconoscere le piante tossiche è fondamentale per evitare avvelenamenti accidentali. Ad esempio, la cicuta può essere confusa con altre piante commestibili, come il prezzemolo selvatico. Altri casi noti sono quelli di fiori di Colchicum autumnale scambiati per zafferano, o i germogli di aconito scambiati per radicchio dell’orso (Cicerbita alpina) o ancora bulbi di veratro (Veratrum album) confusi con radici di genziana (Gentiana lutea).

Nonostante la loro pericolosità, molte piante velenose hanno un valore significativo in campo medico e farmaceutico. Le piante velenose rappresentano, quindi, un affascinante esempio della dualità della natura: capaci di proteggere sé stesse attraverso veleni potenti, ma anche di fornire risorse preziose per la medicina umana.

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Articolo di

Helen Catherine Wiesinger
Botanica MUSE

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