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Bianchi (forse) ma non incontaminati

Sui ghiacciai plastica e inquinanti

Al lavoro sul ghiacciaio_ foto G. Curti

8 aprile 2025

Preziosi archivi naturali, i ghiacciai custodiscono informazioni stratificate nel tempo, simili a pagine di un libro che narrano la storia del clima terrestre e del nostro passato.

I ghiacciai di montagna e le calotte polari catturano polveri e assorbono sostanze presenti nell’atmosfera, le cui concentrazioni variano a seconda della composizione atmosferica dell’epoca, e rimangono imprigionate nel ghiaccio che si forma.

Spinti dal vento, questi composti partono dalle città e dalle campagne fino a raggiungere le alte montagne e le regioni polari coprendo lunghe distanze.

Si tratta di un insieme di sostanze eterogeno, tra cui alcuni composti organici molto persistenti nell’ambiente, non biodegradabili, ed estremamente tossici e cancerogeni, quindi dannosi per l’ambiente e per l’essere umano, come gli idrocarburi policiclici aromatici, le diossine e i pesticidi.

A causa dell’aumento globale della temperatura, i ghiacciai stanno scomparendo molto rapidamente in tutto il pianeta e ogni anno si fondono strati sempre più profondi e antichi, liberando sostanze accumulate per decenni, comprese quelle ormai non più in uso perché considerate pericolose. Queste sostanze vengono liberate e trasportate a valle dai torrenti che si originano dai ghiacciai, ed entrano nella catena alimentare.

Di recente, ricercatrici e ricercatori di tutto il mondo hanno evidenziato che i ghiacciai montani e le calotte polari sono contaminate anche da plastica in forma di piccoli frammenti noti come microplastiche e nanoplastiche. Quello che ad oggi i test di laboratorio ci dicono è che la loro ingestione e bioaccumulo portano, negli organismi acquatici, effetti negativi come lesioni gastrointestinali, disturbi del sistema nervoso, alterazione del metabolismo energetico, diminuzione della crescita e dello sviluppo, comportamento anomalo, disturbi endocrini, stress ossidativo e danni al DNA.

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Cosa si può fare?

Ciascuno di noi può contribuire a ridurre l’inquinamento da plastica e di altre sostanze sintetiche, assumendo comportamenti più ecosostenibili.

È necessario ridurre il consumo di plastica, che in gran parte deriva dalle medesime fonti fossili che stanno alterando il clima del pianeta mettendo a rischio l’esistenza stessa dei nostri ghiacciai.

Evitare gli sprechi di risorse naturali come l’acqua, usare con parsimonia prodotti per la pulizia e preferire soluzioni naturali, smaltire correttamente i rifiuti, favorire il riuso e il riciclo e utilizzare prodotti biodegradabili può aiutare a ridurre le pressioni sugli ecosistemi naturali e la biodiversità, già compromessi dai cambiamenti climatici.

Per esempio, il PET (polietilene tereftalato), un polimero termoplastico ampiamente utilizzato per la produzione di vari prodotti di consumo, tra cui bottiglie per bevande, contenitori per alimenti e fibre per abbigliamento, è riciclabile al 100%, quindi se correttamente smaltito può essere trasformato da rifiuto a risorsa.

Cosa fa il MUSE

Da una decina d’anni, ricercatrici e ricercatori del MUSE stanno investigato e monitorando lo stato di salute dei ghiacciai in collaborazione con enti di ricerca e università, raccogliendo dati sull’impatto degli inquinanti che si liberano con la loro fusione sulla biodiversità glaciale, già minacciata di estinzione dall’aumento della temperatura globale.

Sei interessata/o ad approfondire? Su Le Scienze di aprile trovi un articolo molto esteso dedicato al tema.

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Articolo di

Valeria Lencioni
Ufficio ricerca e collezioni museali, MUSE

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