Una collaborazione di confine a Rifugio Campogrosso
Una storia di ospitalità alpina
Una storia di ospitalità alpina
2 settembre 2024
Nel cuore delle Piccole Dolomiti, con il suo paesaggio plasmato dalla millenaria relazione tra natura e uomo, si trova il Rifugio Campogrosso, presidio di montagna con cui il MUSE dal 2016 collabora sia per la parte di programmazione culturale che della ricerca in ambito storico e delle trasformazioni del paesaggio.
Un luogo di confine, considerato fin dal Medioevo un’area strategica sia dal punto di vista economico che per la sua funzione di raccordo tra comunità e imperi diversi. Da una parte della montagna, quella veneta, la comunità di Recoaro. Dall’altra, la comunità di Vallarsa che considerava l’altipiano di pertinenza tridentina da antica data. In mezzo tante vicissitudini, anche molto crude.
Nel 1587, ad esempio, i recoaresi esibirono una pergamena trecentesca firmata da Cangrande della Scala, signore di Verona, che attribuiva loro la proprietà dei pascoli di Campogrosso. Presto, si scoprì che il documento era falso: al notaio Giorgio Righetto di Verona fu tagliata la mano destra e Giovanni Tonezza, notaio di Priabona, fu condannato a cinque anni di prigione. Fu questo l’inizio di una lunga vertenza tra le due comunità – tra malghe bruciate, omicidi, furti, agguati, azioni militari e diplomatiche – fino al raggiungimento dell’accordo, nel 1751, tra la Serenissima e l’impero Asburgico che fissava il confine tra i due stati al passo di Campogrosso.
“Di queste vicende il MUSE si è occupato negli ultimi dieci anni trovando nel Rifugio Campogrosso un alleato entusiasta e prezioso – spiega il ricercatore MUSE Marco Avanzini, autore di diverse pubblicazioni sul tema tra cui “Una storia di confine” (Edizioni Disegnograve, 2014) –. L’approccio interdisciplinare e l’uso di fonti diverse hanno contribuito a districare le dinamiche di formazione di questi paesaggi montani nell’arco degli ultimi mille anni: dalle primitive economie di caccia a quelle legate allo sfruttamento dei boschi, al pascolo ovino si è passati, a partire dal 1500, all’allevamento bovino e alla zootecnia di montagna con il progressivo ampiamento delle aree di pascolo e alla costruzione di sentieri, pozze, edifici. La ricostruzione di come le piccole comunità locali abbiano dato forma a questi paesaggi ha consentito di tempificare e quantificare l’influenza del fattore umano sull’ambiente montano e di comprendere in che misura le inter-relazioni tra uomo e natura abbiano pesato sulla formazione dei paesaggi che conosciamo oggi”.
Nel panorama delle ricettività e del turismo di alta quota, la collaborazione con il Rifugio Campogrosso, 1457 metri di altitudine, si è sviluppata e arricchita negli anni grazie a una reciproca fiducia e obiettivi comuni per la valorizzazione del ricco patrimonio di biodiversità animale e vegetale e delle ricerche sull’archeologia e trasformazione del paesaggio.
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“La collaborazione con il MUSE è una storia di ospitalità alpina che racconta il profondo legame del museo con il territorio. Nell’autunno del 2016 – ricorda Angelo Ferro, gestore del Rifugio Campogrosso – abbiamo notato due persone che con una certa frequenza venivano in rifugio rimanendo al tavolo per qualche ora intente a prendere appunti, consultare volumi, mappe, fotografie e altri documenti. Erano Marco Avanzini e Isabella Salvador, ricercatori MUSE impegnati in un lavoro di analisi storica e archeologica sull’Alpe di Campogrosso. Uno studio che ha dato vita al libro ‘Pasubio e Piccole Dolomiti – Memorie di pietre, pascoli e uomini da una terra di confine’ (2018), grazie al quale abbiamo scoperto aspetti nuovi e affascinanti di queste zone. Da questi frequenti incontri in rifugio è nata un’amicizia e l’inizio di una collaborazione più ampia con il MUSE”.
Il rifugio ha ospitato negli anni, grazie al coordinamento del settore Marketing del MUSE, mostre temporanee, incontri e osservazioni astronomiche con esperte/i del museo. Quest’anno, la stagione estiva ha visto l’esposizione della mostra fotografica “Il lupo e noi: conoscere per coesistere”, realizzata in collaborazione con l’associazione Io non ho paura del lupo, nell’ambito del programma stewardship del progetto LIFE WolfAlps EU, laboratori, giochi per le famiglie ed escursioni alla scoperta della biodiversità e dell’archeovia di Campogrosso.
Articolo di
Serena MorelliUfficio organizzazione risorse umane e servizi diversi di gestione
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