Era arrivata l’ora di partire
Il Diritto di R-Esistere, parte due
Il Diritto di R-Esistere, parte due
30 novembre 2023
Preparati gli zaini, salutate le persone care, allacciate le scarpe, siamo saltate sul treno per Fiumicino. Il lungo viaggio ci avrebbe portate a Cancún, in Messico, città che negli ultimi anni è diventata una meta sempre più ambita per il turismo internazionale.
A circa dodici ore dal nostro arrivo, avremmo dovuto spostarci nuovamente, per intraprendere il cammino verso sud, attraverso tutto lo stato del Quintana Roo.
Due sono stati gli shock che abbiamo vissuto fin dall’inizio in Messico: il caldo e il turismo.
Sotto una pesante umidità siamo state testimoni di riserve naturali abusate da code persone in visita, di antiche rovine Maya invase da gente, di chilometri e chilometri di foresta spazzata via nel nome dello sviluppo economico. Il turismo di massa che sfrutta ambiente e persone, le spiagge cementificate, una città sotto il livello del mare che si inonda alla prima pioggia, un treno che non tiene conto né di cultura né di territorio: queste sono alcune delle storie che abbiamo raccolto nelle prime settimane di Diritto a REsistere, tra Messico e Belize.
Cancun, Tulum, San Pedro erano tutte piccole cittadine fino a qualche anno fa; oggi sono affollatissimi centri per i flussi turistici internazionali, anche se il benessere economico che sembra pervadere queste zone è solo di facciata. C’è chi la chiama “seconda ondata colonialista”, dato che molti degli alberghi di lusso sono proprietà di gente europea e chi ci lavora, la gente locale, viene sfruttata e sottopagata. Oltre a questo, le grosse affluenze attirano anche il narcotraffico e il turismo sessuale, accentuando ancora di più le ingiustizie sociali. Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, il problema è ugualmente grave. La contaminazione delle acque, lo smaltimento dei rifiuti, l’inquinamento atmosferico: sono solo alcune conseguenze del turismo di massa.
Probabilmente, lo scorcio più evidente dei danni di questo sistema è il Tren Maya. Forse anziché “scorcio” la parola più adeguata sarebbe squarcio, perché proprio di questo si tratta: di un’enorme e profondissima ferita che taglia la foresta Maya, incurante dei danni che causa agli ecosistemi e alle acque messicane.
Il treno dovrebbe collegare varie zone della penisola dello Yucatán e il suo obiettivo è quello di favorire l’economia in una delle zone meno sviluppate del Paese. Tentativo lodevole ma che non ha tenuto conto delle analisi d’impatto ambientale, causando conseguenze sulla foresta e le popolazioni che la abitano. Le strade del Quintana Roo sono piene di camion che trasportano i materiali dinamitati dai cenotes (luoghi sacri per la cultura Maya) fino alla lunga striscia di terra che diventerà il percorso del treno.
Il viaggio continua…
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