Ornitologia 360
Cosa ci raccontano le migrazioni
Cosa ci raccontano le migrazioni
24 marzo 2025
Gli uccelli sono forme di vita affascinanti, studiati in lungo e in largo nella loro complessità e straordinaria storia evolutiva.
Ne abbiamo parlato al MUSE in occasione del secondo appuntamento con i Talk biodiversi con due importanti ricercatori italiani: Roberto Ambrosini, professore associato dell’Università degli Studi di Milano e Lorenzo Serra, coordinatore dell’Area Avifauna Migratrice di Ispra.
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Un tempo fare ornitologia voleva dire raccogliere animali, collezionarli per poterli mostrare e per poter portare alla luce le loro bellezze e le loro particolarità.
“Proprio i musei sono stati i primi punti di aggregazione degli ornitologi italiani che, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, hanno avuto la loro formazione in diversi musei di storia naturale italiani” spiega Lorenzo Serra.
Un passato che ha messo le basi per quello che viene portato avanti oggi dagli istituti di ricerca e da tutta una rete di associazioni e istituzioni locali e regionali che si occupano di avifauna e che hanno permesso di far crescere culturalmente e scientificamente non solo un territorio, ma anche una nazione e su scala ancora maggiore, un continente.
Gli uccelli dalla loro parte hanno gli spazi, la capacità di percorrerli in breve tempo superando barriere e ostacoli; è per questo che nasce la necessità di seguirli e monitorarli. Come si fa?
Un grande contributo è stato dato dai progetti di inanellamento (qui l’articolo sui risultati delle operazioni di inanellamento 2024) durante i quali gli uccelli vengono catturati con apposite reti e, prima di essere rilasciati, muniti di un piccolo anello identificativo utile per comprendere le rotte migratorie, in caso di ricattura.
“Gli uccelli migratori non conoscono confini” racconta Roberto Ambrosini, “si spostano liberamente tra i continenti connettendo aree anche molto lontane tra loro e consentendo studi sulle grandi rotte migratorie che conducono gli animali dalle aree di riproduzione (prevalentemente nell’emisfero nord) a quelle di svernamento (prevalentemente nell’emisfero sud)”.
Prendiamo uno degli uccelli simbolo delle migrazioni e dei precari equilibri ambientali: la rondine. Dove vanno a svernare le rondini che nidificano in nord Italia? Che difficoltà incontrano? Che condizioni ambientali devono affrontare e come sono cambiate queste condizioni nel corso del tempo?
“Una nostra rondine pesa circa 18 grammi” spiega Ambrosini “e tutti gli anni fa una migrazione di 4500 – 5000 chilometri che diventano quasi 10.000 considerando anche il viaggio di ritorno”. Possiamo solo immaginare gli ostacoli e le difficoltà che una rondine può incontrare sul suo cammino: da quelli naturali come il deserto e il mare, a quelli dettati dalla presenza umana che ha minato gli habitat dedicati al riposo e al foraggiamento.
Anche nello studio delle migrazioni la tecnologia ha permesso grandi passi avanti: l’utilizzo del GPS, ad esempio, consente di avere dati in tempi molto più rapidi e ad altissima definizione. È così che si è avuta evidenza di rotte migratorie che si spingono fino a 8000 m di quota o specie che volano a una media di 70-80 km/h.
Laddove il GPS fallisce perché troppo pesante per specie piccole come la rondine, si utilizzano quelli che vengono chiamati Geolocator, sensori di luce con un orologio che registra, ad intervalli regolari, l’intensità della luce e che permette di calcolare, come facevano i vecchi marinai, la latitudine e la longitudine nei diversi punti di volo, ricreando così la possibile rotta migratoria.
“Il livello scientifico della ricerca in campo ornitologico è oggi estremamente alto ed è importante che le decisioni, in termini di conservazione e destinazione delle risorse, vengano prese sulla base di indicazioni valide e supportate dal punto di vista scientifico” si raccomanda Lorenzo Serra.
Da questi studi è inoltre possibile evidenziare cambiamenti nella tempistica delle migrazioni dettati dalla crisi climatica. “Gli uccelli migratori” spiega Roberto Ambrosini “sembrano essere i testimoni più sensibili dei cambiamenti climatici. In tantissime aree del mondo si osserva un anticipo delle date di migrazione e riproduzione soprattutto per quanto riguarda l’arrivo della migrazione primaverile; ci sono specie che non migrano più e individui che non arrivano più in Africa ma si fermano in Europa…”
Non si tratta di pura curiosità quella che sta dietro ai numerosi e complessi studi ornitologici, ma di necessità di conservare specie e luoghi e di comprendere come questi possano raccontarci storie fondamentali anche per la salvaguardia degli ambienti naturali che ci circondano e dei cambiamenti in atto su scala globale.
Elisabetta FilosiUfficio programmi per il pubblico, MUSE
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