Tante persone nei boschi? Gli animali diventano notturni
Intervista al ricercatore MUSE-UniFI Marco Salvatori
Intervista al ricercatore MUSE-UniFI Marco Salvatori
1 marzo 2023
Sentieri percorsi da chi compie escursioni, turiste/i e amanti della montagna. Boschi silenziosi e spazi verdi situati anche all’interno di Parchi naturali che, in certi periodi dell’anno, si popolano di persone alla ricerca di un contatto con la natura. Quanto influisce sulla vita degli animali selvatici la presenza umana? Uno studio del MUSE – Museo delle Scienze di Trento e dell’Università di Firenze, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Ambio, fa luce su questi aspetti. Sentiamo Marco Salvatori, dottorando dell’Università di Firenze in collaborazione con il MUSE e primo autore dello studio.
Come si è svolto lo studio e cosa è emerso?
«Lo studio ha utilizzato 60 fototrappole in modo sistematico – ogni estate – a partire dal 2015 in un’area delle Dolomiti del Trentino occidentale altamente frequentata da escursionisti, per rilevare i passaggi di animali e persone e monitorare la fauna. I risultati ci mostrano che delle oltre 500 mila foto raccolte in 7 anni di ricerca (dal 2015 al 2022) il 70% ritrae persone e il passaggio umano è 7 volte superiore a quello della specie selvatica più comune, la volpe (addirittura 70 volte superiore a quello dell’orso, la specie che è risultata più raramente fotografata)».
Come reagiscono gli animali a questa “pacifica invasione”?
«Tutte le 8 specie considerate (orso, cervo, camoscio, capriolo, tasso, volpe, lepre e faina) hanno rivelato una risposta comportamentale: nelle zone più frequentate diventano più notturne per diminuire la probabilità di incontrare persone. Le specie di maggiori dimensioni, esibiscono inoltre una chiara tendenza ad evitare di frequentare le zone in cui il passaggio umano è più intenso. Comportamenti utili a evitare il contatto ma non “gratuiti” per gli animali, che possono risentire di maggiori difficoltà di movimento, una regolazione non ottimale della temperatura corporea, l’utilizzo di aree meno produttive in termini di risorse alimentari».
Cosa possiamo fare noi?
«Da parte degli animali l’impegno a evitare il contatto con gli esseri umani è notevole, ma sta anche a noi umani fare attenzione. Ad esempio si potrebbero adottare alcune misure per limitare l’accesso ad alcune aree dei parchi naturali nei periodi dell’anno più delicati per la fauna, come già ampiamente applicato in Nordamerica».
Chiara VeronesiRelazioni istituzionali e ufficio stampa
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