La mostra “Come isole”, attraverso una quindicina di opere video, pittoriche, fotografiche e installative, datate tra oggi e gli anni Novanta, di una quindicina di artiste/i internazionali, nazionali e regionali, consolidate/i ed emergenti, procede per suggestioni, perché non possiamo pensare di essere entità che bastano a se stesse, lievitando distaccate dalla superficie terrestre.
Il percorso espositivo culmina con un’estesa video proiezione di Thiago Rocha Pitta (Brasile, 1980), un’opera in collezione al MoMA di New York, e apre con un’installazione dell’altoatesina basata a Vienna Esther Stocker (Italia, 1974), ora in mostra al MAXXI a Roma. I suoi accartocciamenti vengono letti nella loro capacità di mettere in discussione la nostra volontà di controllo e dominio sulla natura. Il tema dell’isola è affrontato in maniera irriverente dal fiammingo Wim Delvoye (Belgio, 1965) in una sua rara opera cartografica, mentre il rapporto con l’acqua è al centro della ricerca della canadese Janet Bellotto (Canada, 1973), attiva negli Emirati. Lo stupore verso la disarmante semplicità della natura viene inaspettatamente da un video di Heba Dwaik (Kuwait, 1983) realizzato al centro della megalopoli del Cairo, già inserito nella OFF Cairo Biennale. In mostra, anche l’artista trentina Annamaria Gelmi (Italia, 1943) con un’opera scultorea in ceramica, mentre l’americana Mary Mattingly (USA, 1978), già acclamata dal New York Times, mette in guardia dal peso della nostra società consumistica con un’opera che ha fatto da copertina al libro “Art in the Anthropocene”. Uno spiraglio di speranza viene aperto dalle “geometrie sociali” del collettivo spagnolo PSJM (Spagna: Cynthia Viera, 1973 e Pablo San José, 1969), che mettono in scena grafici, questa volta incoraggianti, su prospettive di miglioramento dell’aria e dell’uso delle risorse.